sabato 25 dicembre 2010

Simone Weil, Lettera a un religioso.




Fabrizio D'Alfonso giltacitu@yahoo.it (18-11-2010)
Questo libretto ha una tale forza e apertura che la parte strettamente specialistica diventa secondaria, e la lettura, anche per chi è del tutto digiuno di storia delle religioni, acquista il valore di una esperienza importante. Credo che il nòcciolo del libro sia qui: "il contenuto del cristianesimo esisteva prima del Cristo". Riporto passi del testo. "Il 'Libro dei morti' egizio, che ha almeno 3000 anni, è impregnato di carità evangelica... Gli Ebrei, che per 4 secoli sono stati a contatto con la civiltà egizia, si sono rifiutati di adottare questo spirito di dolcezza. Essi volevano la potenza". "La nostra civiltà non deve niente a Israele, e ben poco al cristianesimo; essa deve quasi tutto all'antichità precristiana". "Finché questa antichità e il cristianesimo resteranno impermeabili l'una all'altro, saranno allo stesso modo [reciprocamente estranee] la nostra vita profana e la nostra vita spirituale". "Un ateo, un 'infedele', capaci di compassione pura,sono altrettanto vicini a Dio di un cristiano". "Quelli che posseggono allo stato puro l'amore per il prossimo e l'accettazione dell'ordine del mondo, compresa la sventura, costoro sono tutti sicuramente salvati". La Chiesa avrebbe dovuto imparare "a non scomunicare mai chi pratica l'amore per il prossimo". "Di fatto, i mistici di quasi tutte le tradizioni religiose convergono fin quasi all'identità... Anche il taoismo è molto vicinoalla mistica cristiana". "Io credo che il mistero del bello nella natura e nelle arti (ma soltanto nell'arte di primissimo ordine) sia un riflesso sensibile del mistero della fede". L'attualità di Simone Weil (e in particolare di Lettera a un religioso) mi sembra ben spiegata dal critico Alfonso Berardinelli in un bellissimo articolo del 1994. (Ne parlerò in un secondo commento)
Voto: 5 / 5







Fabrizio D'Alfonso
giltacitu@yahoo.it (19-11-2010)
"L'Europa dei partiti politici, scrive Alfonso Berardinelli, dell'oppressione operaia, dell'alienazione scolastica, non può avere salvezza nel recupero di valori liberal-democratici. L'ateismo umanistico ha abolito il senso del limite, dell'ordine necessario della realtà naturale. Ha prodotto l'idea e l'idolatria della produzione illimitata e del progresso illimitato, l'idolatria del futuro, docile alle nostre fantasticherie perché irreale". "La convinzione [di S. Weil è] che niente di 'normale' sarà possibile in Europa, niente di vero, reale e giusto, senza esperienza individuale e quotidiana del sacro: di ciò che non cede alla forza, non si mescola col male e resiste, nella 'chiarezza', a qualsiasi pena". ("Nella chiarezza, aveva scritto S. Weil, qualsiasi pena è accettabile"). E questa è la illuminante conclusione dell'articolo di Berardinelli: "L'esigenza di spiritualità, la centralità e l'urgenza dell'esperienza religiosa, della certezza e chiarezza mistica (cioè la certezza della presenza reale del 'sacro', dell'intangibile e dell'indistruttibile in noi, al di là della maschera della 'persona') - tutto questo nasceva in S. Weil dalla sua esperienza degli eventi politici dell'epoca, dalla convinzione che fosse impossibile resistere anzitutto mentalmente, e poi praticamente, politicamente, alla pressione della forza e dell'inerzia che regolano la macchina sociale, senza aprire nella mente umana moderna di nuovo lo spazio dell'esperienza trascendentale... Il Cristianesimo della Weil era soprattutto un rifiuto dell'ateismo laico borghese e delle filosofie morali, sociali e politiche che da queste sono nate (dal liberalismo al marxismo). La sua religiosità era un modo per rendere di nuovo reali, cioè vissute e non puramente intellettualistiche o ideologiche, forme di pensiero e di comportamento libero dell'individuo, sempre più avvilite, svuotate e schiacciate nelle società del XX secolo: tanto nei totalitarismi che nelle democrazie di massa".
Voto: 5 / 5


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