sabato 25 dicembre 2010

Massimo Fini, Nietzsche. L'apolide dell'esistenza.

Non capisco perché Fini abbia sentito il bisogno di scrivere questa biografia che, benché sintetica e scorrevole, non ha nemmeno il pregio di essere un onesto libro divulgativo. Da un intelligente bastian contrario come lui mi aspettavo molto di più di un libro commerciale. In questo libro c'è, anzi, una grave distorsione. Fini, avendo rinunciato ad ogni accenno alla storia intellettuale di Nietzsche, che evidentemente considera già nota oppure senza grande interesse per il lettore, costruisce di lui un'immagine quasi caricaturale.
Sono stato molto infastidito dalle tante espressioni stereotipate appartenenti al gergo dei salotti disinibiti, che Fini ogni tanto introduce, senza necessità, nella sua prosa; la quale, senza essere eccezionale, è almeno, nel complesso, abbastanza adeguata all'argomento. Non vedo lo scopo di usare frasi come queste: le feste a casa di Wagner erano "caciarone"; il professor Burckhardt "prendeva Nietzsche per il culo"; il professor Caio "se la dava da libero pensatore"; il nostro povero filosofo "non aveva mai scopato con una donna; il tale "faceva il filo" ad una certa signorina; e tante altre espressioni che sono molto al di sotto di un medio linguaggio giornalistico. Forse la sciatteria di Fini è dovuta non solo alla fretta e al desiderio di evitare la fatica che uno stile personale richiede, ma anche a una specie di sfiducia in se stesso, come se Fini volesse prevenire le nostre obiezioni ricordandoci che il suo non è il libro di uno studioso vero, ma solo di un dilettante che ha bisogno di guadagnare.


Nessun commento: