giovedì 10 luglio 2025

Anton Čechov (1860-1904). Una storia noiosa. (Tutti i racconti, VII). Biblioteca universale Rizzoli, 1975

  Il volume contiene undici racconti, fra cui spiccano per intensità e lunghezza ‘Una storia noiosa’ e ‘Mia moglie’. Non voglio ripetere osservazioni generali già fatte commentando altre novelle di Čechov; però non posso fare a meno di esprimere ancora una volta il senso di piacere che dà questa prosa  fresca e chiara come acqua di sorgente, e il sentimento di meraviglia per la naturalezza con cui Čechov riesce a mostrare l’animo dei suoi personaggi. C’è un’altra grande qualità che rende i suoi racconti cari al cuore del lettore: la descrizione dettagliata ma mai noiosa della vita quotidiana di ricchi e poveri, studenti e principesse, proprietari e contadini. La nostra conoscenza e, direi, il nostro nostalgico amore per la Russia ottocentesca devono molto ai paesaggi e ai villaggi, alle case e alle ville, alle strade e alle osterie, agli arredamenti e agli abiti, ai riti domestici e ai pranzi descritti da Čechov. In questa raccolta, a parte la qualità artistica delle novelle, mi ha colpito, per giustezza e attualità, il giudizio che, nella sua introduzione, Alfredo Polledro, il traduttore, dà su un personaggio del racconto intitolato ‘Fra i deportati’: il vecchio Semiòn, sulla sessantina, scarno e sdentato, largo di spalle e all’aspetto ancora sano. Con lui c’è un ragazzo tartaro di venticinque anni. Il vecchio Semiòn, sempre ubriaco, è tranquillo e sereno; il giovane tartaro è pallido e triste e soffre di nostalgia per la sua casa, dove ha lasciato la moglie diciassettenne, bella, timida e intelligente. Semiòn conforta il ragazzo tartaro: “Io, fratellino, non sono un semplice muzìk, non sono di condizione servile, ma figlio di un sagrestano e, quando vivevo libero a Kursk, me ne andavo in giubba, ma ora mi son ridotto al punto che posso dormire nudo e mangiare l’erba. E che Dio conceda a tutti una simile vita. Non ho bisogno di nulla e non temo nessuno, e così la penso sul mio conto, che non c’è uomo più ricco e più libero di me. Come mi mandarono qui dalla Russia, io fin dal primo giorno m’impuntai: ‘Non voglio nulla!’. Il diavolo mi tentava riguardo alla moglie e ai parenti e alla libertà, e io a lui: ‘Non ho bisogno di nulla!’. M’impuntai, ed ecco, come vedi, vivo bene e non mi lamento. Che se uno è indulgente col diavolo e gli dà retta anche solo una volta, quello è perduto, e per lui non c’è salvezza: affonderà nel pantano fino al cocuzzolo e non ne verrà più fuori...”. Ma il giovane tartaro non si rassegna: soffre e continua a sognare la moglie. Si accontenterebbe di averla con sé per  un mese e perfino per un solo giorno. Alla fine, esasperato dalla solitudine e dalla nostalgia, affronta il vecchio Semiòn: “....tu sei morto... Dio creò l’uomo perché fosse vivo, perché ci fosse anche la gioia, e ci fosse l’angoscia, e ci fosse il dolore e tu non vuoi nulla, dunque tu non sei vivo, ma sei una pietra, sei solo argilla! Alla pietra nulla occorre, e anche a te nulla... Tu sei una pietra e Dio non ti ama...”. Ma il vecchio Semiòn non si turba per queste parole. Si addormenta nell’isba, sulla paglia, con la porta aperta mentre fuori nevica. “E io sto bene!” dice Semiòn addormentandosi, “Che Dio conceda a tutti una simile vita”. Si sente il pianto del giovane tartaro. “Si abituerà!”, dice Semiòn, e subito si addormenta. Alfredo Polledro, pur riconoscendo la superiore umanità e spiritualità del tartaro di fronte al rozzo Semiòn, temprato a ogni più dura privazione e indifferente a tutto, riconosce tuttavia che la capacità di sopportazione del vecchio galeotto “ha pure una sua grandezza morale che ci impressiona e che ci fa meditare sulle enormi possibilità latenti dell’anima russa”.
Sì, è grazie alla sua immensa capacità di soffrire che il popolo russo ha vinto a Stalingrado e ha sbaragliato la Germania nazista. Il popolo statunitense, nelle condizioni dei russi, si sarebbe disgregato come una costruzione artificiale. Vedremo ora come si concluderà la guerra che gli Stati Uniti stanno facendo contro la Russia per interposta nazione.                                                          
 

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