giovedì 15 giugno 2023

Diana Johnstone (1934- ). Hillary Clinton, regina del caos. Francoforte sul Meno, Zambon editore, 2016


E’ difficile trovare un libro di storia così chiaro, concreto e appassionato. Il suo atto di accusa contro la politica estera americana attuale e degli ultimi decenni è fondato  su prove così evidenti e coordinate che anche chi le conosceva già da altre fonti ne rimane sorpreso e indignato. Per vigore e lucidità, i ragionamenti serrati e implacabili dell’autrice mi hanno ricordato “Le origini della Francia contemporanea” del Taine e le riflessioni critiche di Manzoni sulla Rivoluzione francese (lo storico liberaldemocratico Luigi Salvatorelli, con spirito avvocatesco, considerava il piccolo capolavoro manzoniano uno scritto senile senza alcun particolare interesse di pensiero. L'affollata squadra italiana di giornalisti domestici ha avuto  illustri predecessori).

Il popolo americano, scrive l’autrice, è prigioniero dell’illusione di essere ‘la nazione eccezionale’ chiamata a modellare il mondo in nome dei propri 'valori e ideali'. Tale illusione è mantenuta in vita da giornali e televisioni, dagli intellettuali delle università e delle fondazioni, dall’industria di Hollywood, dai politici governativi e dai loro sponsor. Fra gli sponsor che versano milioni di dollari nelle casse della Clinton Foundation figurano l’Arabia Saudita, l’oligarca ucraino Viktor Pinchuk, la famiglia Saban, il Kuwait, Exxon Mobil, gli Amici dell’Arabia Saudita, James Murdoch, il Qatar, Boeing, Dow, Goldman Sachs, Walmart e gli Emirati Arabi Uniti, Bank of America, Chevron, Monsanto, Citigroup e l’immancabile Fondazione Soros. Con amici del genere, l’impegno di Hillary è quello di mettere ‘fuori gioco’ i rivali e i paesi che non piacciono a questi simpatici donatori. Nella sua insaziabile ambizione di essere la prima donna eletta presidente degli Stati Uniti, Hillary Clinton è riuscita a diventare (2016) il candidato preferito del Partito della Guerra. Ma il problema vero non è costituito dalla Clinton, bensì dal fatto che il Partito della Guerra esercita un controllo strettissimo sulla politica statunitense e trova scarsa opposizione nella popolazione. Gli americani percepiscono a malapena le guerre scatenate dal loro governo come guerre vere. Non vedono saltare in aria le loro case. I droni stanno eliminando i soldati combattenti e il conseguente  fastidio rappresentato dai reduci che tornano feriti e traumatizzati. Per la maggior parte degli americani, le guerre del loro governo sono solo un settore dell’industria dello spettacolo, qualcosa di cui si sente parlare in televisione e che si vede solo nei video, ma che non è una questione di vita o di morte. La condanna conclusiva dell’autrice è chiara e terribile: “Gli Stati Uniti sono un impero irresponsabile. Devastano paesi e li lasciano in macerie. Le loro azioni sono sempre più distruttive poiché il loro scopo non è in realtà edificare un impero, bensì distruggere i loro rivali reali o potenziali o immaginari”.

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