giovedì 17 giugno 2021
Friedrich Nietzsche: Schopenhauer come educatore. Adelphi, 2000.
Questo saggio giovanile fa parte dell'opera "Considerazioni inattuali". Alla inattualità delle sue considerazioni Nietzsche ha attribuito il significato di critica e antagonismo verso la cultura e i valori del suo tempo. La prosa di Nietzsche qui è concreta e diretta, immediatamente godibile, anche se non mancano pagine scritte con il linguaggio figurato e sovrabbondante caratteristico dell'autore. Giorgio Colli, suo traduttore e interprete, ha osservato che Nietzsche, in generale, ha scritto troppo, coltivando una eccessiva illusione nell'efficacia dello scritto. "Come [per] Schopenhauer, lo scrivere fu lo scopo e la consolazione della sua vita di solitario". Però Colli ammirava il ritmo musicale e "l'oro della sua prosa". Inutilmente il giovane Nietzsche cercava nel proprio tempo una figura esemplare da seguire. "Dove sono per noi tutti, dotti e indotti, grandi e piccoli, i nostri modelli e le nostre celebrità morali tra i nostri contemporanei? Dove è andato a finire tutto quel riflettere su questioni morali, che, pure, in ogni tempo ha occupato ogni società nobile ed evoluta?". Non vi sono più celebrità e un riflettere a quel modo. Siamo arrivati al punto che le nostre scuole e i nostri maestri prescindono semplicemente da una educazione morale o si contentano di formalismi: e virtù è una parola sotto la quale maestri e scolari non riescono a pensare niente, una parola passata di moda, della quale si sorride. "Mi figuravo che avrei potuto trovare come educatore un vero filosofo, che potesse strappare un uomo all'insoddisfazione dovuta all'epoca e gli insegnasse di nuovo ad essere, nel pensiero e nella vita, semplice e schietto, quindi inattuale nel senso più profondo della parola [...] Tra questi affanni, bisogni e desideri conobbi Schopenhauer. Io sono uno di quei lettori di Schopenhauer che, dopo averne letto la prima pagina, sanno con certezza che le leggeranno tutte e ascolteranno ogni parola che egli abbia mai detto. Lo intesi come se avesse scritto per me... Egli sa dire le cose profonde in modo semplice, le cose commoventi senza retorica, le cose scientifiche senza pedanteria". Nietzsche paragona Schopenhauer a Montaigne per l'onestà e per una "reale serenità rasserenante". Egli è onesto perché parla e scrive a se stesso e per se stesso, e sereno perché ha vinto con il pensiero ciò che è più difficile. L'esempio educativo dato da Schopenhauer non è offerto semplicemente con dei libri, ma con la vita visibile, come facevano i filosofi dell'antica Grecia: con l'aspetto, l'atteggiamento, il vestito, il cibo, i costumi più ancora che con il parlare o addirittura con lo scrivere. Queste sono le condizioni per osare cercare la verità più profonda. La "verità" di cui discorrono tanto i professori del nostro tempo sembra, invece, essere davvero qualcosa di molto modesto, da cui non c'è niente di disordinato o di straordinario da temere: una creatura comoda e piacevole, che non si stanca di rassicurare tutti i poteri esistenti che nessuno per causa sua avrà un qualunque fastidio. Noi tutti per mezzo di Schopenhauer possiamo educarci contro il nostro tempo, perché abbiamo il vantaggio di poterlo conoscere grazie a lui. Oggi noi subiamo le conseguenze di una dottrina predicata da tutti i tetti, che lo Stato è lo scopo supremo dell'umanità e che per un uomo non esiste alcun dovere superiore a quello di servire lo Stato: nel che, scrive Nietzsche, io riconosco non una ricaduta nel paganesimo bensì nell'idiozia. Certo il vero filosofo considera la cultura del nostro tempo molto diversamente da quei professori di filosofia obbedienti e soddisfatti del loro Stato. Quando il vero filosofo pensa alla fretta generale e al cessare di ogni contemplatività e semplicità, deve sembrargli quasi di percepire i sintomi di una completa distruzione ed estirpazione della cultura. Anche le scienze, coltivate senza nessuna misura e nel più cieco laissez-faire, frantumano e dissolvono quanto era fermamente creduto. Qui le parole di Nietzsche descrivono perfettamente anche l'irresponsabile euforia tecnologica del XXI secolo. I ceti colti, non solo non sono più i fari che orientano le persone, ma sono degenerati nei peggiori nemici della cultura, perché vogliono dissimulare la malattia generale e sono di ostacolo ai medici. Oggi si odia ogni educazione che renda isolati, che ponga dei fini al di là del denaro e del guadagno. Ogni tipo più austero di cultura è vituperato come "egoismo raffinato", come "immorale epicureismo culturale". Si apprezza per l'appunto il contrario: una istruzione rapida e superficiale, tutta interna (aggiunge il titolare di questo blog) a un orizzonte culturale delimitato da personaggi come, per esempio, Fabrizio De André, Luigi Tenco e da altri pur bravissimi artisti della canzone, i quali naturalmente non hanno alcuna colpa se nella mente di mediocri intellettuali hanno sostituito i grandi spiriti del passato.
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