lunedì 3 maggio 2021

Charlotte Brontё, Shirley. Roma, Fazi editore, 2015.


 

"Shirley", un romanzone di quasi 700 pagine, ha molte scene e descrizioni di grande talento artistico e narrativo, ma è in sostanza una favola piuttosto prolissa e verbosa. Contiene una folla di personaggi, molti dei quali sono descritti con realismo acuto, con affettuosa comprensione, con sarcasmo divertente o, nel caso dell'eroina e della sua dolce amica Caroline Helstone, con un poetico idoleggiamento della bellezza, dei capricci e delle virtù femminili. Alcune scene di conversazione e schermaglia verbale, condotte con leggerezza, sono degne di una grande commedia di costume. Vi si sente l'aria dei romanzi di Jane Austen. Non mancano nemmeno le coincidenze e le miracolose rivelazioni alla Dickens. Qualche lettore dà molta importanza alla descrizione delle lotte operaie contro le nuove macchine tessili che provocano disoccupazione (siamo all'inizio dell'Ottocento) e considera che il romanzo abbia anche un carattere sociale. A me sembra che queste lotte, benché occupino un discreto numero di pagine, rimangano sullo sfondo e siano un elemento del tutto secondario di un racconto che vuole essere solo una storia d'amore e di costume. Però mi ha colpito il sentimento profetico e nostalgico espresso alla fine del libro. In pochi anni la campagna dove si è svolta l'azione avrebbe perduto i suoi boschi e i suoi prati e si sarebbe riempita di strade e di case. "E la mia fabbrica, dice l'industriale Robert Moore alla sua fidanzata Caroline Helstone, occuperà tutto l'attuale spazio disponibile". "Orribile! Tu vuoi trasformare l'aria azzurra delle nostre colline nell'atmosfera fumosa di Stilbro'!". Nelle righe conclusive l'autrice, constatando che queste profezie si erano largamente avverate ("Ho visto un enorme opificio con una ciminiera ambiziosa come la torre di Babele"), racconta di averne parlato con la sua sua vecchia governante. "Com'era una volta Hollow, Martha?". "Differente da adesso... Mi ricordo una sera d'estate, saranno stati cinquant'anni fa, mia madre tornò a casa sul far della sera correndo che pareva tutta spiritata. E diceva che aveva visto una fata... Era un posto solitario ma pieno di querce e noccioli. Era bello. Adesso è tutto cambiato".


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