Giacomo Leopardi, prendendo spunto da
un giudizio di Publio Annio Floro (ca. 70/75 – ca. 145) su Marco Antonio, scrive nello Zibaldone (18 gennaio 1821) una pagina degna
del grande moralista e pensatore politico che egli fu.
“Ottimamente di un uomo corrotto
e depravato come Antonio: non poteva essere se non signore o servo: libero e
uguale agli altri, non poteva. E così quasi tutti i Romani di quello e de’
seguenti tempi: così la massima parte degli uomini d’oggidì”.
Poche settimane prima Leopardi aveva scritto sulle orazioni di Cicerone
contro Marco Antonio:
“Le Filippiche contengono l’ultima
voce romana, sono l’ultimo monumento della libertà antica, le ultime carte dov'ella
sia difesa e predicata apertamente e senza sospetto ai contemporanei”.
E proseguendo la sua riflessione sugli "uomini d'oggidì", partita dal giudizio di Floro, Leopardi afferma che costoro possono adattarsi a qualsiasi condizione, fuorché all'uguaglianza e alla libertà. “Non saprebbero se non
regnare o, come fanno, servire. Ma servendo, sarebbero più adattati al regno
che alla libertà”.
Qui per ‘regno’ s’intende il
dispotismo, la tirannia, il comando, il potere, non il regnare con ideale saviezza ed energia.
“E tale è la natura degli uomini
servi per carattere e corrotti dall’incivilimento, continua Leopardi, spogli di virtù,
di magnanimità, di entusiasmo, di sentimenti e passioni grandi forti e nobili, d’integrità, di coraggio, d’ingegno,
di eroismo, capacità di sacrifizi ec. ec. Tutte cose necessarie… a mantenere
relativamente e generalmente lo stato uguale e libero di un popolo. Chi è
dominato dall’egoismo, non può che servire o regnare. Così i nostri principi.
Regnano e saprebbero servire. (Così i
nostri magistrati, ministri, grandi. Regnano e servono. Sanno riunire l’una
cosa all’altra). Ma come sarebbero capacissimi di servitù (e perciò appunto
che regnano come fanno), così sarebbero incapaci di libertà e di uguaglianza…
La libertà richiede homines non mancipia,
non schiavi… Chi dunque manca di virtù e pregi veri (e tali sono gli uomini
corrotti), non può sopportare la libertà e l’uguaglianza”.
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