martedì 23 luglio 2019

Servi e padroni antichi e moderni, secondo Giacomo Leopardi.


Giacomo Leopardi, prendendo spunto da un giudizio di Publio Annio Floro (ca. 70/75 –  ca. 145) su Marco Antonio, scrive nello Zibaldone (18 gennaio 1821) una pagina degna del grande moralista e pensatore politico che egli fu.
“Ottimamente di un uomo corrotto e depravato come Antonio: non poteva essere se non signore o servo: libero e uguale agli altri, non poteva. E così quasi tutti i Romani di quello e de’ seguenti tempi: così la massima parte degli uomini d’oggidì”.
Poche settimane prima Leopardi aveva scritto sulle orazioni di Cicerone contro Marco Antonio:
“Le Filippiche contengono l’ultima voce romana, sono l’ultimo monumento della libertà antica, le ultime carte dov'ella sia difesa e predicata apertamente e senza sospetto ai contemporanei”.
E proseguendo la sua riflessione sugli "uomini d'oggidì", partita dal giudizio di Floro,  Leopardi afferma che costoro possono adattarsi a qualsiasi condizione, fuorché all'uguaglianza e alla libertà. “Non saprebbero se non regnare o, come fanno, servire. Ma servendo, sarebbero più adattati al regno che alla libertà”.
Qui per ‘regno’ s’intende  il dispotismo, la tirannia, il comando, il potere, non il regnare con ideale saviezza ed energia.
“E tale è la natura degli uomini servi per carattere e corrotti dall’incivilimento, continua Leopardi, spogli di virtù, di magnanimità, di entusiasmo, di sentimenti e passioni grandi  forti e nobili, d’integrità, di coraggio, d’ingegno, di eroismo, capacità di sacrifizi ec. ec. Tutte cose necessarie… a mantenere relativamente e generalmente lo stato uguale e libero di un popolo. Chi è dominato dall’egoismo, non può che servire o regnare. Così i nostri principi. Regnano e saprebbero servire. (Così i nostri magistrati, ministri, grandi. Regnano e servono. Sanno riunire l’una cosa all’altra). Ma come sarebbero capacissimi di servitù (e perciò appunto che regnano come fanno), così sarebbero incapaci di libertà e di uguaglianza… La libertà richiede homines  non mancipia, non schiavi… Chi dunque manca di virtù e pregi veri (e tali sono gli uomini corrotti), non può sopportare la libertà e l’uguaglianza”.

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