venerdì 14 ottobre 2011

Intellettuali italiani: Curzio Maltese, un trampoliere di 'Repubblica'.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Su Il Venerdì di Repubblica di oggi, Curzio Maltese attacca l'industriale Diego Della Valle, che due settimane fa aveva fatto pubblicare da quattro importanti quotidiani nazionali, con la sua firma e a sue spese, un manifesto intitolato “Politici, ora basta!”. Il testo del manifesto, che come ispirazione rimane nell'orizzonte delle denunce di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, si può trovare facilmente in Internet. Non posso giudicare l'attività industriale di Diego Della Valle (come hanno fatto quasi tutti coloro che hanno criticato la sua iniziativa), perché non ne so niente e perché non è questo lo scopo del mio articolo. Prescindendo quindi da eventuali malefatte industriali e segreti finanziari di Della Valle, a me il manifesto sembra sincero ed energico, scritto in modo chiaro e personale, senza le solite frasi scialbe e stereotipate che siamo abituati ad ascoltare anche dai dirigenti dell'opposizione. Il fatto che molti industriali si siano in questi ultimi anni staccati dal governo di Berlusconi e lo critichino con un vigore veramente insolito e con argomenti che tutti i cittadini potrebbero condividere (pochi mesi fa sono stato quasi sconcertato da un intervento vibrante di Antonio D'Amato, ex- presidente della Confindustria) mi sembra una novità assoluta che io guardo con simpatia. Probabilmente i nostri politici hanno paura che gli industriali che, come dice Della Valle, vivono di mercato e di concorrenza vadano troppo in là con le loro critiche e vogliano anche sbarazzarsi di una casta di inetti parassiti. Tipica la reazione di Rosy Bindi, che, in modo del tutto incongruo e sprovveduto, rimprovera a Della Valle l'amicizia con Clemente Mastella, dimenticando la piccola circostanza che costui era stato fatto ministro della giustizia proprio da Romano Prodi, leader del centro-sinistra. Curzio Maltese è un giornalista dipendente. Nell'orchestra di 'Repubblica' occupa il ruolo di suonatore di piatti: interviene cioè sempre per rincalzare le cose dette da altri (V. Post del 19 agosto u. s.). Il suo attacco a Diego Della Valle non si può definire una critica, perché non esamina nessun argomento e ha la sicumera degli ignoranti e lo zelo perfido dei sicari. Poiché parla dall'alto pulpito di un giornale che è letto da un milione di persone, Curzio Maltese si sente un'aquila, mentre è solo un volatile da cortile. L'argomento forte di un osservatore così acuto è questo: “Mister Tod's avrebbe potuto investire una ventina di euro nell'acquisto di una grammatica. In una trentina di righe l'appello di Della Valle contiene almeno sette errori [come i sette peccati capitali!], due anacoluti, una decina di ripetizioni, più incongruenze varie”. E ancora: “Diego Della Valle è un grande imprenditore … ma questo non gli dà il diritto di emettere comunicati scritti coi piedi”. Ora, io ho letto e riletto questo testo scritto coi piedi e non ho trovato tutti i terribili errori che hanno scandalizzato il gusto fine di Curzio Maltese, salvo qualche svista o leggera disattenzione, che però non compromettono affatto la chiarezza e la forza del manifesto. Ma il paradosso è che proprio Maltese fa un errore di una goffaggine imbarazzante. Dopo aver riportato le ultime sette righe dell'inserzione di Della Valle, aggiunge: “Questa è la chiosa della pagina comprata da Diego Della Valle sul Corriere della Sera”. Chiosa? Il nostro giornalista voleva certo dire 'chiusa', cioè conclusione, perché questa è l'unica parola che può stare in quel contesto. Il termine 'chiosa' ha tutt'altro significato. Il grammatico Curzio Maltese confonde dunque 'chiosa' con 'chiusa'; lui crede, cioè, che chiudere e chiosare siano la stessa cosa, ed è soddisfatto di sé proprio come il marchesino Eufemio della poesia di Giuseppe Gioachino Belli, il quale "ritto all'ombra feudal di un baldacchino" (che oggi potrebbe essere il giornale la Repubblica) dichiarava, con "ferma voce e signoril coraggio", che "paggio e maggio scrìvonsi con due g come cuggino". Curzio Maltese è abituato a questi strafalcioni. A pag. 3 della Repubblica di oggi, in un articolo sui dodici sbadigli di Bossi a Montecitorio (come se fossero le dodici fatiche d'Ercole), scrive, all'inizio della terza colonna: “Chissà se i monsignor Dalla Casa del galateo parlamentare stigmatizzeranno anche questo tiro al bersaglio alla terza carica dello Stato”. Dalla Casa? Anche i ragazzi del ginnasio sanno che l'autore del 'Galateo' si chiamava Giovanni Della Casa. Quali idee (e quali chiose) ci si può aspettare da uno che ha perso così poco tempo a leggere libri e a consultare vocabolari? Curzio Maltese, è chiaro, è l'intellettuale moderno e democratico che predilige i fumetti e passa metà della sua vita al cinema. Infatti, puntualmente, contro Della Valle cita la solita frase di Nanni Moretti: “Chi parla male, pensa male”. Frase che, secondo me, non ha neppure capita, perché Moretti, con una umana comprensione sconosciuta a Curzio Maltese, non condannava gli errori di grammatica che uno può fare nell'esprimersi, ma la pigrizia e la leziosaggine delle frasi fatte e delle idee raccogliticce.

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