Motto aziendale:
1) ama il tuo vicino
2) ama il tuo Paese
3) ama il tuo lavoro
(Alberto Galgano, La qualità totale)
Chi non sa fare niente ha sempre
pronto un piano che funzionerebbe.
(A. Bloch, Il 3° libro di Murphy)
Circa tre anni fa, all’improvviso, scoppiò in Biblioteca il tema della "qualità totale". Molti funzionari-intellettuali cominciarono improvvisamente a parlare, con un linguaggio per me incomprensibile, di questa nuova e miracolosa prospettiva.
Tutto iniziò con un opuscoletto che riportava il testo dell'intervento fatto dal direttore ad un convegno milanese, "Bibliotecario nel 2000".
Nonostante la vaghezza del titolo ("La qualità totale nella formazione del personale: un'ipotesi di lavoro in Biblioteca"), lo lessi sperando di trovarvi una analisi, magari parziale ma fatta con realismo e concretezza, delle difficoltà di funzionamento dell'Istituto.
Invece il direttore si limitava, insistendovi in modo generico ed enfatico, ad una serie di enunciazioni e di dichiarazioni di intenzione, tutte così velleitarie da sembrare campate in aria, perché, di fronte all'ampiezza, alla novità e alla radicalità degli obiettivi indicati, metteva in campo mezzi del tutto inconsistenti e argomenti fragili e retorici.
“Come nel mondo produttivo, è necessario che anche nelle biblioteche non ci si limiti alla ricerca di una generica qualità, misurata, nel migliore dei casi, sulla quantità e tempestività dei servizi resi, ma si ricerchi la qualità totale”.
“Oggi progettare l'organizzazione delle biblioteche significa concepire delle moderne aziende, che devono essere competitive e cioè fornire servizi efficaci attraverso una gestione efficiente”.
“In altre parole è necessario creare una cultura della qualità in un ambiente che è forse il meno adatto a recepirla, a causa dei suoi vincoli strutturali: rigidità delle carriere, impianto gerarchico, mancanza di incentivi economici, ecc.
“Il problema di superare tali vincoli può essere risolto solo attraverso la motivazione ed il coinvolgimento del personale: ciascuno deve trovare il proprio ruolo e sentirsi parte della comunità, vincolato ad una specifica missione”.
“...parafrasando un concetto espresso da Alberto Galgano, 'amare il mostro' [cioè il cliente], il fine della Biblioteca dovrà diventare: 'amare l'utente' ”.
Tutto l’opuscolo mi ricordava la prosa gelatinosa di certi vecchi articoli dell’Unità: bisogna innescare un processo che crei le condizioni per avviare il superamento del sistema capitalistico, ecc. ecc.
Dall'articolo "ISO 9000: tecnica della qualità e biblioteche", pubblicato recentemente da un bibliotecario che è anche un affermato teologo del SQ (Sistema Qualità), traggo questo 'assioma della Qualità Totale':
"Le risorse umane e materiali sono la premessa per impostare un SQ, e la sua realizzazione inizia quando la 'qualità' diventa un valore per tutto il personale".
Che dire di questi concetti, di queste tautologie da testimone di Geova? Lasciano esattamente il tempo che trovano.
La realizzazione del sistema qualità, si dice, può cominciare solo quando la qualità diventa un valore per tutto il personale. Tante grazie! E’ come dire: non ci saranno più guerre, quando tutti si ameranno. Ma la difficoltà consiste proprio nell'arrivare a quel punto!
L'utilità della teoria della qualità è di ridurre a catechismo alcune nozioni di logica elementare (per esempio: capire bene quali sono le cause e quali gli effetti) e codificare come princìpi astratti degli assennati criteri di economia domestica (per esempio: concentrarsi su pochi fattori importanti e non disperdersi in elementi secondari).
Al di là della standardizzazione di questi ed altri elementi di buon senso, la teoria della qualità non fa che proporre agli amministratori di aziende una semplice azione di imbonimento nei confronti delle maestranze e del personale, con venature addirittura mistiche, quando elabora principi come questi: sii originale; segui i tuoi sogni e mantieni una visione giovanile, ecc.
Ma mentre una azienda vera (che non sia cioè parte della pubblica amministrazione) ha mezzi molto concreti per applicare il Sistema Qualità, quali la scelta dei dirigenti, le assunzioni selettive dei dipendenti, la possibilità di revoca e di licenziamento, di premi e di punizioni; e l'armamentario retorico-mistico ha solo un ruolo secondario per favorire da parte del personale l'immedesimazione nel lavoro ed attenuare i conflitti, i documenti che cercano di applicare il Sistema Qualità alle biblioteche statali puntano solo sul repertorio di motti ed esortazioni e sembrano credere di aver già compiuto metà dell'opera reclamando con disinvoltura e fastidiosa insistenza una sorta di palingenesi o di catarsi del personale, come se bastasse invocarla per vederla realizzata.
Inoltre i sostenitori e gli operatori della qualità totale in biblioteca stanno mettendo a punto una serie di procedure, una successione presuntivamente logica di operazioni burocratiche che, applicate come una rigida griglia o come uno stampo intelligente al complesso dei lavori e delle mansioni, garantirebbero (secondo loro) dei risultati conformi al Sistema Qualità. Illusione! Quella serie obbligata di operazioni renderebbe il lavoro solo più farraginoso ed è destinata a rimanere sulla carta.
Queste cataste di moduli e di schede ricordano le gride del Manzoni.
Anche gli attuali teologi della qualità totale in biblioteca sono della stessa pasta dei rivoluzionari che una trentina di anni fa esigevano un programma di educazione permanente dal nuovo Ministero dei beni culturali. Molto spesso sono addirittura le stesse persone, le quali nel loro cursus honorum non hanno saltato nemmeno una tappa del classico percorso dalla rivoluzione velleitaria alla professionalità virtuale.
Essi si danno molto da fare ad organizzare fitte serie di contatti, riunioni, convegni, a scrivere articoli, compilare montagne di schede e moduli, tenere o frequentare corsi...
Poiché manca loro una vera e originale ambizione, la molla che li fa scattare è solo l'attenzione permanente a ciò che va di moda, a ciò che il mercato richiede, a ciò che può portargli anche un piccolissimo vantaggio.
Il mercato vuole carne di struzzo? farina di lombrico? Loro sono sempre pronti a rispondere: “Diventeremo subito allevatori e ci abitueremo a mangiarla con gusto”.
(continua al post successivo)
Anche gli attuali teologi della qualità totale in biblioteca sono della stessa pasta dei rivoluzionari che una trentina di anni fa esigevano un programma di educazione permanente dal nuovo Ministero dei beni culturali. Molto spesso sono addirittura le stesse persone, le quali nel loro cursus honorum non hanno saltato nemmeno una tappa del classico percorso dalla rivoluzione velleitaria alla professionalità virtuale.
Essi si danno molto da fare ad organizzare fitte serie di contatti, riunioni, convegni, a scrivere articoli, compilare montagne di schede e moduli, tenere o frequentare corsi...
Poiché manca loro una vera e originale ambizione, la molla che li fa scattare è solo l'attenzione permanente a ciò che va di moda, a ciò che il mercato richiede, a ciò che può portargli anche un piccolissimo vantaggio.
Il mercato vuole carne di struzzo? farina di lombrico? Loro sono sempre pronti a rispondere: “Diventeremo subito allevatori e ci abitueremo a mangiarla con gusto”.
(continua al post successivo)
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