giovedì 10 febbraio 2011

Ceti medi riflessivi: bibliotecari-cavalieri. 28^ p. Dal libro inedito: Una Italia tascabile. Saggio sulla sagace piccolezza dei funzionari. 2001.






















 

S'incavajèra mò qualunque vizzio...
vojo ride però, co tanto sguazzo
de cavajeri, ar giorno der giudizzio.
Quanno che Gesucristo, arzanno er
braccio, dirà: "Signori cavajer der cazzo,
ricacàte ste croci, e a l'infernaccio."
(G. G. Belli, Li cavajeri, son. 1227)

Nel 1997 cadde sulla Biblioteca una pioggia di cavalierati che per lo più andarono a decorare funzionari-intellettuali ancora giovani e in servizio.
Chi possiede un titolo scolastico superiore quasi sempre è smanioso di mettersi in mostra, sotto qualsiasi luce. Pur di sembrare un cavaliere, non teme di andare in giro, nel mondo irreale della pubblica amministrazione, a cavallo di un manico di scopa o, se manca anche la scopa, semplicemente sculacciandosi le natiche, come facevano i bambini fino a cinquant’anni fa, quando fingevano di spronare con un frustino immaginari cavalli in cavalcate di fantasia.
Di fronte a questa cavalleria piena di fiocchi ma poco eroica, come ristabilire i veri valori, se non contrapponendole la pazienza, la fatica e lo spirito di sacrificio, che sono le doti tradizionali dei fanti?
In Biblioteca lavorano ancora alcune persone semplici, laboriose e degne di affetto. Il loro tratto comune è una disponibilità piena di mitezza d’animo e, almeno nel lavoro, una serenità costante.
In un tempo lontano, fra il cavaliere, che reprimeva la malizia dei malvagi e salvava la giustizia (come raccomandava una scritta sulla facciata di una chiesa medievale), e il fante c'era la stessa enorme differenza che passa fra una rosa e una margherita.
La rosa risplende anche da sola e la sua profumata bellezza può quasi riempire un intero giardino. Di margherite, invece, ce ne vogliono migliaia per illuminare un prato.
Oggi accade piuttosto il contrario: i funzionari-cavalieri non solo non salvano più la giustizia, ma addirittura si scrivono da sé le proprie lodi, che il direttore-sovrano si limita a sottoscrivere.
      (continua al post successivo)

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